Cure domiciliari Covid-19

Cronistoria di un anno di cure domiciliari fortemente discusse. Documenti ufficiali e prese di posizione che alimentano forti dubbi sui reali motovi di questa gestione sanitaria.

Indice

Le indicazioni ministeriali sulle cure domiciliari per la patologia Covid-19 sono oggetto di forte discussione da più di un anno. Attraverso una cronistoria documentata con le fonti ufficiali cerchiamo di capire cosa si è fatto e cosa si poteva fare.

Le indicazioni terapeutiche ufficiali

Già con la circolare AIFA del 22 Febbraio 2020 il Ministero dava le prime indicazioni ai medici di famiglia, ai pediatri di libera scelta e poi ai sanitari delle USCA, Unità Speciali di Continuità Assistenziale, su come comportarsi sul territorio. Le direttive disincentivavano l’uso di farmaci e le visite a domicilio per mettere al sicuro i medici e gli operatori sanitari. Sostanzialmente il paziente ammalato avrebbe potuto contattare il proprio medico che, in base alla gravità percepita al telefono, avrebbe allertato i servizi USCA o chiamato i numeri di pronto intervento 112 e 118.

Covid-19: un anno di terapie domiciliari – ConSenso – Reportage di Gabriele Micalizzi per TIME

Da allora e per otto mesi non ci sono state altre indicazioni farmacologiche unitarie nazionali per la cura domiciliare della Covid-19, fino alle prime linee guida pubblicate l’1 Dicembre 2020. Nel frattempo ogni regione ha fatto da sé.

Se in un primo momento l’incertezza e la scarsa conoscenza di ciò che si stava affrontando era giustificata, dopo le prime settimane già diversi medici erano in grado di gestire in modo efficace la malattia Covid da casa; mesi in cui si sono maturate esperienze in tutta Italia e all’estero, grazie alla rete di professionisti in continuo scambio di informazioni sugli approcci farmacologici più efficaci.

I trattamenti domiciliari

Nel frattempo i medici cosa hanno fatto? Vediamo che, solo ad Aprile 2020, si susseguono notizie di trattamenti efficaci. Molti medici infatti hanno messo in dubbio e ignorato le scelte ministeriali andando a casa dei pazienti, visitandoli, riducendo ospedalizzazioni e decessi grazie all’uso di farmaci di uso comune.

Il 9 Aprile il dott. Cavanna, oncologo dell’ospedale di Piacenza, poiché aveva trattato anche a domicilio moltissimi pazienti da Covid, si guadagnava la copertina del TIME. Un riconoscimento al “metodo Cavanna” capace di evitare ospedalizzazioni e decessi in tutti i pazienti da lui gestiti. Il metodo consisteva nella raccolta dei normali parametri fisiologici e nell’uso tempestivo di normalissimi farmaci economici, compreso l’uso di un antimalarico con capacità antinfiammatorie e immunomodulanti: l’idrossiclorochina.

Il 14 Aprile il dott. Pierluigi Viale, direttore di Malattie Infettive del Sant’Orsola di Bologna, chiede pubblicamente di curare precocemente la patologia a domicilio e annuncia l’inizio di una sperimentazione sull’uso dell’eparina.

Il 18 Aprile viene pubblicato l’appello di 100.000 medici al ministro Speranza in cui si chiede di trattare i pazienti il più presto possibile a domicilio.

Il 22 Aprile il gruppo di medici AmpasMedicina di Segnale pubblicano un manifesto in cui pongono l’attenzione anche sulla necessità della gestione domiciliare ed esprimono dubbi su tutta la gestione politica e mediatica oltre che sanitaria.

Il 24 Aprile viene pubblicato un appello al Ministro Speranza da medici e ricercatori universitari sull’opportunità di cure tempestive e per l’adozione precoce di farmaci antinfiammatori steroidei (cortisonici) come il desametasone.

Il 27 Aprile il dott. Stefano Manera, anestesista e rianimatore dell’ospedale di Bergamo, scrive una email al proprio ordine professionale, l’Ordine dei Medici di Milano, chiedendo al presidente indicazioni terapeutiche. «… e mi dichiarai disponibile a contribuire a un eventuale tavolo di lavoro per definire e fornire ai nostri colleghi impegnati sul fronte, la cura a domicilio, ma anche questa email è rimasta senza risposta. Questi appelli sono rimasti inascoltati e non hanno ricevuto nessun tipo di risposta. O meglio, una risposta c’è stata, perché l’Ordine dei Medici a cui appartengo, ha deciso di avviare un procedimento disciplinare nei miei confronti…».

I social in soccorso dei pazienti covid-19

Quindi alcuni dottori, contravvenendo alle indicazioni delle autorità sanitarie, hanno visitato e trattato farmacologicamente i pazienti anche se non rientravano tra i loro assistiti. Tutt’ora continuiamo ad assistere a centinaia di richieste di intervento da parte di malati Covid non trattati dai propri medici curanti poiché ancora oggi le linee guida ministeriali prevedono una “vigile attesa” e non un intervento precoce.

Covid-19: un anno di terapie domiciliari – ConSenso – pagina FB del Movimento Ippocrate

Già da Aprile 2020 si sono creati molti gruppi di lavoro e di studio tra medici e sanitari, sui social e nelle chat private. Confronti continui per diffondere informazioni e imparare gli uni dalle esperienze degli altri. Una rete di professionisti singoli, in gruppi, in comitati scientifici in continua relazioni con i colleghi dell’estero. Sono così maturate strategie efficaci con percentuali bassissime di ospedalizzazioni e decessi, confermate dalle centinaia di cartelle cliniche registrate. Purtroppo solo una piccola percentuale di pazienti sono riusciti ad accedere a questi canali informativi e in generale ad un trattamento tempestivo.

Il Movimento Ippocrate

Uno di questi gruppi è il Movimento Ippocrate, fondato da Mauro Rango che, in rete con professionisti e ricercatori di Università di tutto il mondo, da Luglio è impegnato in prima fila nella ricerca e nel trattamento della Covid. Ad oggi vantano oltre 14.000 casi clinici registrati.

Questo gruppo ha promosso lo studio scientifico Recovery trial and Hydroxychloroqina pubblicato il 29 Settembre sull’International Medical Journal. Lo studio evidenzia l’uso favorevole dell’idrossiclorochina in pazienti Covid. Inoltre il comitato scientifico del Movimento Ippocrate si è fatto promotore dell’iter che ha portato il Consiglio di Stato l’11-12-2020 ad annullare la sospensione dell’uso di idrossiclorochina per Covid che AIFA aveva decretato il 22 Luglio, ora annullato dopo l’impugnazione di AIFA e del Ministero della Salute con una mezza vittoria. Una battaglia legale che ha permesso di riaffermare che le linee guida ufficiali non vincolano in alcun modo la libertà del medico nell’esercizio di prescrizione dei farmaci fuori dalle indicazioni approvate dall’AIFA. Ma anche che continua ad essere sconsigliato uno dei farmaci più usati al mondo e con un profilo di sicurezza eccellente come lo stesso OMS afferma.

Dalla riforma della legge Gelli-Bianchi del 2017 per i medici pubblici, e di libera professione, l’adesione ai protocolli terapeutici è intrecciata con l’adempimento contrattuale: gli Ordini Professionali diventano un organo dello stato. Questo porta il medico ad esporsi a maggiori ritorsioni legali se agisce fuori dai protocolli ufficiali, ma non incide in sostanza sulla propria autonomia prescrittiva.

#terapiadomiciliarecovid19

Di grande rilievo ed enorme successo è sicuramente l’iniziativa di Eric Grimaldi, avvocato del foro di Napoli, che insieme ad altri professionisti, ha aggregato medici affinché potessero scambiarsi informazioni e mettere a punto dei protocolli domiciliari efficaci. Sempre ad Aprile nasce il gruppo FB #terapiadomiciliarecovid19 in ogni regione. Una rete capillare di medici in tutta Italia che sostituiscono i propri colleghi nella cura dei pazienti da Covid. In questi mesi il gruppo FB è cresciuto a più di 400.000 membri e vi collaborano circa 1000 medici soccorrendo per telefono o di persona chi di volta in volta abbia bisogno di soccorso. Ancora oggi questi professionisti rispondono gratuitamente alle incessanti richieste dal gruppo FB.

In quest’anno il gruppo ha curato migliaia di pazienti lasciati abbandonati a se stessi, dopo giorni di febbre alta, riuscendo a consolidare esperienze positive che inspiegabilmente non vengono ancora prese in considerazione dagli organi ufficiali. Senza contare che in diversi casi i pazienti che chiedevano aiuto non erano affetti da Covid, ma da altre patologie gravi e che ovviamente non potevano riconoscere da soli.

La terapia Covid

I farmaci

Nei mesi successivi, da tutta questa rete di scambi di esperienze, si riesce a delineare una strategia efficace, espressa più volte pubblicamente da molti protagonisti: dai medici e dagli stessi pazienti. La terapia si basa sull’intervento tempestivo nel caso di soggetti a rischio: il controllo con il pulsossimetro (o saturimetro) per rilevare il grado di ossigenazione del sangue, facilmente acquistabile in farmacia o su Internet, l’uso di farmaci antinfiammatori, Fans e cortisonici, come il desametasone, per contrastare la cascata infiammatoria citochinica, l’eparina a basso peso molecolare per prevenire la formazione dei trombi, gli antibiotici, come l’azitromicina, per le eventuali infezioni da sovrapposizioni batteriche e contro la diffusione del virus che potrebbe allignare nei batteri del microbiota intestinale, come indicano gli studi della dott.ssa Bolgan e il gruppo di ricerca del dott. Carlo Brogna.

L’uso dell’idrossiclorochina, antinfiammatorio e immunomodulante, seppur sconsigliata da AIFA in ogni circolare emanata, viene favorevolmente utilizzata in tutto il territorio italiano e in tutto il mondo. Ad Agosto 2020, ad esempio, sull’European Journal of Internal Medicine viene pubblicato uno studio su 33 centri ospedalieri italiani del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con Mediterranea Cardiocentro di Napoli e Università di Pisa che hanno formato la collaborazione CORIST (COvid-19 RISk and Treatments) in cui si evidenzia la forte riduzione di mortalità con l’uso di questo conosciuto antimalarico.

Questi sono solo alcuni dei farmaci usati ma molti di questi medici hanno consigliato altri farmaci come l’Ivermectina usata in molte parti del mondo.

Integratori e sostanze dalla ricerca clicnica

La ricerca clinica ha anche fatto emergere sostanze in grado di avere una comprovata attività fisiologica come Lattoferrina, Quercetina, Adenosina, Zinco, vitamine C, D, K2, etc. Tutte queste opzioni non sono state prese in considerazione dal ministero della salute che non ha mai verificato con studi più accurati, come spiega il giornalista Mazucco in “Le cure proibite”. Ma sono diversi i gruppi di ricerca, anche italiani, che hanno denunciato il sistematico boicottaggio alle diverse possibilità farmacologiche. Stesso iter inspiegabile anche per il Plasma Iperimmune e l’Ozonoterapia.

Ovviamente solo il medico è in grado di valutare lo stadio della patologia e le caratteristiche del paziente e solo il medico può scegliere cosa è necessario fare. Ma la cosa fondamentale è che dai primissimi mesi dell’emergenza esiste un prontuario di farmaci, abbastanza condiviso, sperimentato efficacemente per la Covid-19.

Seppur con una casistica minore, anche altri approcci hanno portato ad esperienze positive. Ad esempio nel programma di centralizzazione dei casi clinici, un data base omeopatico, il Clinical Files Collections, si sono registrati più di 1000 casi di cura domiciliare della Covid con l’Omeopatia e nel 99% non c’è stata ospedalizzazione e nessun decesso.

manifestazione terapiedomiciliarecovid
Covid-19: un anno di terapie domiciliari – con-senso.it – pagina FB #terapiedomiciliaricovid19 in ogni regione – Manifestazione per testimoniare che la Covid-19 è curabile a domicilio

Le linee guida domiciliari nazionali

Finalmente il 30 Novembre 2020 escono prime le linee guida domiciliari per tutto il territorio nazionale che rimarranno valide fino alle successive del 26 Aprile 2021. In queste prime sostanzialmente si danno 2 indicazioni fortemente criticate. La prima è il disincentivo all’utilizzo di farmaci ormai efficacemente utilizzati, escluso quelli sintomatici cioè non curativi ma che normalizzano il parametro specifico come il paracetamolo anch’esso sotto accusa perché distrugge le vie antiossidanti riparative dell’organismo. La seconda è la “vigile attesa”, specificata in oltre 72 ore cioè oltre 3 giorni di febbre persistente prima di intervenire. Leggiamo dalla circolare ministeriale: «…vigile attesa; misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria; trattamenti farmacologici solo sintomatici (ad esempio paracetamolo)…». Sconsigliati i cortisonici, l’eparina, l’idrossiclorochina, le integrazioni ma soprattutto non si promuove la visita a domicilio e il trattamento all’esordio della patologia nei soggetti più a rischio; solo l’eparina nei pazienti allettati e gli antinfiammatori non steroidei (FANS).

Covid-19: un anno di terapie domiciliari – ConSenso – #terapiedomiciliaricovid19

Così la maggior parte dei medici di famiglia, attenendosi a tali regole, di fatto delegava alle strutture ospedaliere il trattamento dei pazienti che non guarivano dopo la vigile attesa.

In diverse modalità sanitari, giornalisti, cittadini e avvocati hanno ufficialmente preso posizione con iniziative singole e collettive per denunciare lo stato delle cose attraverso appelli e denunce civili e penali per ottenere un confronto pubblico e poter cambiare la strategia ministeriale. 

La maggior parte della popolazione purtroppo è ancora convinta che la Covid sia una patologia incurabile, complice non solo le autorità sanitarie, ma anche i mass media che hanno negato informazioni utili sulle reali possibilità di cura.

Questa politica ha messo in crisi la già fragile capacità di assistenza ospedaliera che da anni agonizzava durante i mesi dell’influenza. Ma ora si è vista mancare il supporto della medicina del territorio. Inoltre le chiusure e i cambiamenti d’uso di interi reparti ospedalieri hanno contribuito ad inceppare il servizio nelle terapie intensive. Non stupisce affatto che l’Italia abbia i dati epidemiologici, seppur discutibili nella raccolta e nell’interpretazione, peggiori rispetto ad altre nazioni.

Dopo più di un anno, il 26 Aprile 2021, vengono pubblicate le nuove linee guida che differiscono troppo poco dalle precedenti. Si implementa l’uso della telemedicina, ci si affida al calcolo del rischio attraverso algoritmi e statistiche e si aggiunge alle precedenti possibilità farmacologiche l’uso degli anticorpi monoclonali solo in specifiche condizioni, l’uso del cortisone solo nelle forme severe, dell’eparina solo per gli allettati e gli antibiotici rimangono sostanzialmente sconsigliati insieme a idrossiclorochina e tutti gli altri. Rimane la vigile attesa e non l’intervento precoce del medico di famiglia.

La prevenzione della Covid-19

Se le indicazioni per le cure domiciliari della Covid-19 continuano a generare sconcerto, le strategie di prevenzione sono naufragate nell’oceano del martellamento mediatico, volto al conteggio numerico dei “casi” e dei decessi, e della rappresentazione asfittica della paura di morire e far morire i propri cari. Non proprio il miglior modo di sostenere il Sistema Immuniatrio delle persone.

Il virus continua ad essere l’unico protagonista e le nostre capacità autoregolatorie dei diversi sistemi fisiologici, le nostre competenze di tolleranza immunitaria e di adattamento all’ambiente esterno sono rimaste relegate a risorse passive e secondarie. In realtà sono proprio loro che determinano o meno la manifestazione patologica. Eppure, dopo più di un anno, nelle circolari AIFA i rimedi per sostenere il sistema immunitario, come le strategie alimentari, non hanno avuto spazio.

Ad esempio il ruolo importante della glicemia, oltre il franco diabete: si è visto, dai dati clinici, che il solo livello medio-alto del glucosio nel sangue, faccia molta differenza nella progressione della patologia. Infatti l’adesione alla cellula bersaglio delle proteine Spike 1 e 2 avviene tramite un processo di glicosilazione in cui è richiesta la presenza del glucosio. Quindi l’indicazione di ridurre gli zuccheri, sia in prevenzione che ai primi segnali della malattia, poteva già essere una indicazione utile.

Anche il prof. Franco Berrino spiega che, da studi dell’Università di Pavia, una corretta alimentazione nei primi 4 giorni del ricovero in Terapia Intensiva riduce la mortalità da Covid. Così si è anche visto che gli esiti gravi erano associati a carenza di vitamina D. Questo è un fattore importante aggravato dai lockdown forzati che hanno impedito alle persone di prendere il sole e praticare attività fisica all’aperto.

Le autopsie mancate

Un altro capitolo che bisognerà prima o poi spiegare è l’aver sconsigliato le analisi anatomopatologiche, le autopsie, proprio in piena esplosione dell’emergenza 2020. La SIAPEC, Società Società Italiana di Anatomia Patologica E Citopatologia, l’11 Marzo 2020 pubblicava le disposizioni per l’iter autoptico per poter così acquisire informazioni fondamentali sull’eziopatogenesi del fenomeno Covid riducendo al minimo, di fatto azzerandolo, il pericolo di contagio e la diffusione del virus.

Ma l’8 Aprile nella circolare ministeriale leggiamo: “…non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso…” , togliendo tempo prezioso alla raccolta di informazioni utili.

Covid-19: un anno di terapie domiciliari – ConSenso – Foto di Mario Hagen per Pixabay

In alcuni ospedali iniziarono ugualmente a fare tali riscontri scoprendo gli effetti vascolari della tempesta citochinica e permettendo ai medici di orientarsi nelle strategia di cura.

La informazioni

Ciò che ha impedito la diffusione di molte di queste informazioni, che come abbiamo visto erano emerse già nelle primissime settimane dall’inizio dell’emergenza, è stato il difficile rapporto tra ciò che erano le esperienze reali in campo e l’impossibilità di poterle far conoscere ai non addetti ai lavori cioè ai cittadini. Gli organi di stampa hanno, e continuano, a censurare sistematicamente le possibilità di trattamento ormai sperimentate da più di un anno. Asserviti, premiati, obbligati a sostenere una narrativa che terrorizza gli stessi medici meno critici e l’intera popolazione. Uno stolking psicoemotivo martellante, perché no, la cura non c’è. Tutt’ora in Tv gli esperti scuotono le teste affranti quando gli viene chiesto dagli intrattenitori di turno cosa la scienza medica abbia conquistato in termini di terapie: “il virus è molto più forte e più imprevedibile di quanto noi possiamo fare.”

Troppo pochi hanno denunciato gli interventi tardivi. Qualcuno in TV è riuscito a raccontare ciò che per mesi stava riscontrando sul territorio intervistando medici e pazienti come la giornalista Angela Camuso che ha pubblicato numerosissime interviste alla trasmissione Fuori dal Coro, qui intervistata a Radio radio TV.

Fuori dai media mainstream, molti medici e giornalisti, hanno usato i propri profili social e i propri canali per comunicare con i cittadini, raccontare la propria esperienza e denunciare la fatica di seguire la moltitudine di pazienti lasciati in solitudine.

Invece sono cresciuti, e sono nati, diversi canali informativi indipendenti, giornali, radio, TV, social, finanziati dagli stessi utenti, che hanno intervistato quotidianamente i medici e che hanno permesso, a chi riusciva ad accedere a queste informazioni, di prendere delle misure cautelative sulla propria salute. Si è venuto a formare anche un fronte di dissenso rispetto a tutta la gestione dell’emergenza non solo dal punto di vista sanitario.

Malattie di serie b

Ma in tutto il mondo, come in Italia, si muore soprattutto di altro. I cittadini in terapia per cancro, degenerative neurologiche, psichiatriche, cardiovascolari, metaboliche, e molto altro, hanno avuto a disposizione meno posti letto rispetto ai tempi non emergenziali e soprattutto rispetto ai malati di Covid. I letti destinati a questi ultimi infatti venivano pagati fino a 2.000 euro in più rispetto agli altri, meno privilegiati.

L’attività medica territoriale si è ridotta, già da tempo, ad una pratica burocratica controllata dalle scelte politiche delle società scientifiche, degli ordini professionali e delle istituzioni. In questo frangente ancora più evidente è la marginalizzazione del ruolo del medico, delle sue competenze cliniche e delle flessibili priorità etiche.

Ipotesi di reato sulle cure domiciliari per la Covid-19

Forse le decine di denunce, anche penali, arrivate agli organi governativi non hanno avuto la forza, anche oggi, di avviare il cambiamento di rotta cioè un approccio domiciliare precoce poiché un vero cambio di passo avrebbe assomigliato ad una ammissione di colpa spalancando la strada a ulteriori sentenze legali.

Molte di queste azioni legali rivolte pure agli organi di controllo Europeo e all’OMS, vertono anche sulla politica vaccinale in atto. Infatti per il regolamento europeo 507 del 2006 i farmaci ancora in sperimentazione non possono essere autorizzati per l’immissione in commercio, se non per una emergenza ove non vi sia un’alternativa di cura. Ecco che, dichiarando ufficialmente che la Covid non ha cura, queste nuove tecnologie genetiche, chiamate vaccini, sono entrate in commercio con iter abbreviato e condizionato cioè provvisorio, fino a quando nel 2022-23 usciranno i primi dati della sperimentazione da parte dei produttori e si potrà valutare se i benefici superano i rischi. Così l’EMA, l’ente europeo di controllo sui farmaci, finanziata per l’86% dalle aziende farmaceutiche, a Dicembre 2020 ne permette la commercializzazione. Ma questa è un’altra storia da raccontare.

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Annalisa Jannone
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